Tra divagazione e concentrazione il cervello, secondo lo psicologo neozelandese Michael Corballis autore del famoso libro “Dalla mano alla bocca. Le origini del linguaggio” – Raffaello Cortina 2008, è simile a una piccola città in cui brulicano persone assorbite nelle proprie faccende. Quando c’è una partita di calcio, la gente si riversa allo stadio, mentre il resto della città appare silenzioso, quindi quando la mente non è concentrata su qualche evento divaga e comunque non è mai ferma.
L’attenzione è discontinua, e di norma intervallata da pause di rilassamento più o meno lunghe, non soltanto per esigenze di riposo ma anche per esigenze biologiche adattive e costruttive; la mente che girovaga rielabora rimugina, ricombina le tracce delle percezioni esperite. Corballis ipotizza che il divagare con la mente sia geneticamente connesso all’esperienza di spostamento corporeo.
Ci sono varie forme o modalità di divagazione, ci sono delle distrazioni preordinate, una certa disposizione della mente a combinare la capacità di rievocare eventi passati e quella di costruire scenari futuri sganciandosi dal presente, così facendo la mente anticipa evenienze possibili e si prepara ad affrontare i pericoli. Ci sono inoltre, le divagazioni involontarie come il sogno e le allucinazioni e la divagazione che diventa racconto. Per Corballis molto del nostro vagare con la mente è narrato sotto forma di storie, la mente umana possiede una grande capacità di costruire racconti complessi e di condividerli con altri mediante il linguaggio verbale e non verbale: ”Il vagare con la mente è nelle mani o nella voce di chi racconta storie”.
Lidia Gomato
Tratto e liberamente modificato:
– dall’art. di M. Belpoliti “ Distrazione elogio filosofico di una virtù troppo umana” La Repubblica 10/12/2016
– dall’art. di M. Berenghi “ Meglio concentrati o distratti?” 28/01/2016 www.doppiozero.com