Misurare la qualità dell’esperienza umana

fiore rossoLo scopo della scienza è quello di “misurare il misurabile e rendere misurabile ciò che non lo è”, ma la misura ci porta sulla soglia di un’unità dove incomincia il “valore”, che delinea la differenza tra un approccio scientifico quantitativo e un’approccio qualitativo. Noi possiamo ad esempio, misurare il colore rosso con una data frequenza di onde elettromagnetiche ma non possiamo più farlo con il rosso del “fiore che ammiro” o che il pittore ha dipinto sulla tela, se non a patto di perdere l’esperienza del fiore, il valore del fiore. Allo stesso modo non possiamo stupirci se le analisi delle frequenze statistiche delle varie parti del discorso, contenute in un testo, ne annullano il contenuto, vale a dire la qualità che lo distingue da ogni altro testo. C’è questo momento, che il neurofenomenologo L. Longhi ha definito “cerniera”, in cui la quantità “ misurabile “ si fa qualità “comprensibile”, per cui l’energia misurabile dello stimolo si fa qualità percettiva, come in una specie di grande metabolismo attraverso il quale il mondo dell’energia si fa mondo umano dei valori, per cui la mano anatomo-fisiologica del pittore, definibile attraverso unità anatomiche-fisiologiche, diventa l’indefinibile mano dell’artista in un trascendersi dal corpo-oggetto in corpo-soggetto. Analogamente l’occhio-che-vede si trascende nell’occhio-che-guarda, l’orecchio-che-ode nell’orecchio-che-ascolta, la mano-che-tocca nella mano-che-palpa o tasta o manipola. In tal senso l’uomo non può essere la somma di cellule, tessuti, organi ed apparati e tanto meno la sua unità organismica può essere il tessuto, seppur mirabile e fittissimo, disegnato dagli infiniti impulsi nervosi che percorrono il nostro corpo; l’unità organismica dell’uomo è più della somma delle sue parti e non è ad esse riducibile (L.Longhi). Il rapporto terapeuta-malato comprende il mondo dei valori, è un rapporto di qualità e non di quantità e la sua quantificazione, in qualsiasi modo la si possa pensare, in un certo senso lo denatura. Nell’ambito psico-neurologico quindi, se si accetta una tale ottica, non possiamo comprendere e riabilitare la complessità del disturbo afasico, aprassico, agnosico, eminattento ecc. se non usciamo dalla visione oggettiva della “quantità” misurabile per entrare in relazione con i malati, affinare la nostra capacità di ascolto del loro “vissuto”, del loro “sentirsi corpo”.

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