La logopedia come arte della comunicazione e l’uso delle tecniche espressive

movimentoPer M.Merleau-Ponty il corpo che si esprime è “arte”, la fenomenologia ha scelto l’arte per approfondire i suoi studi sull’esperienza percettiva, sul gesto umano che crea l’opera d’arte, non è interessata all’arte in sé, ma all’arte come espressione dell’uomo. Il significato etimologico della parola “arte” viene dal latino ar/tem che prende origine dal sanscrito ar/zendo con il senso principale di “muoversi verso qualcosa”. Il linguaggio è l’espressione, la creazione più complessa del nostro corpo ed è una facoltà multimodale, al pari della visione, dell’esperienza tattile, di tutti i nostri sensi.La logopedia antropologica-fenomenologica è un’approccio olistico alla riabilitazione del linguaggio, che mira a creare delle “situazioni” capaci di favorire nei disturbi della comunicazione il “muoversi verso qualcosa” , il gesto finalistico che incarna dei significati, che simbolizza. Tale approccio utilizza varie tecniche espressive, sempre sulla base del metodo fenomenologico, per far ri-esperire ai soggetti in terapia la loro possibilità comunicativa attraverso l’uso del corpo, dell’immaginazione e del linguaggio.

 

 

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Con la Neurofenomenologia verso una “Neuropsicologia del significare”

Neurofenomenologia   L’analisi logico-formale del linguaggio applicata allo studio dell’afasia non è in grado di cogliere la dimensione essenziale del linguaggio, cioè la capacità che ha ancora il malato  di “usare” il linguaggio per i propri fini,  di “dare significato” ai propri gesti verbali, ma anche non verbali, in “contesti” comunicativi sempre vari così come  si presentano nella vita. M. Merleau Ponty ha distinto una lingua “parlata”  riferendosi alla lingua convenzionale e una lingua “parlante” riferendosi all’”uso” del linguaggio che ciascuno di noi ne fa; la neuropsicologia tradizionale, in un’ottica materialista-positivistica, ha proposto da sempre nello studio ed il trattamento dei malati afasici il modello della lingua “parlata”, cioè della  lingua convenzionale studiata in laboratorio. Un tale approccio però, esclude  la “complessità” del linguaggio che si manifesta nella capacità dell’uomo di “creare”, di “costruire” i significati e non solo di imitarli. Continua a leggere

Su Neuroscienze.net il mio articolo sull’approccio antropologico-fenomenologico in afasia

E’ con grande gioia che vi annuncio che il mio articolo “L’afasia come alterazione del gesto verbale: valutazione e riabilitazione” è stato pubblicato sulla rivista di Neuroscienze.net. Vi invito a visionare l’articolo… Per poterlo scaricare cliccate qui.

neuroscienze.netAbstract

Scarica in PDF L’articolo descrive un approccio antropo-fenomenologico alla valutazione e riabilitazione del disturbo afasico facendo riferimento alla semeiotica dell’afasia ipotizzata dal neurofenomenologo Lamberto Longhi.

Il linguaggio nell’ottica antropo-fenomenologica non è  concepito come un’acquisizione definitiva dell’uomo, ma è un’esperienza del soggetto continuamente rinnovabile; è un comportamento comunicativo, uno dei gesti possibili del nostro corpo, anche se il più complesso. Il gesto verbale ha come “sfondo” un corpo che si muove intenzionalmente verso il Mondo, verso uno scopo, e nel movimento esperisce la sua qualità spaziale, spazialità di situazione.

L.Longhi ha cercato di studiare negli afasici i momenti di sviluppo di una struttura fondamentale spazio- temporale inerente all’orientamento corporeo e i momenti di sviluppo del gesto frasale ed ha ipotizzato tre livelli di strutturazione e simbolizzazione del gesto iconografico e del gesto frasale sui quali articola una nuova classificazione del disturbo afasico.

Compito della logopedia secondo l’approccio longhiano, sarebbe quello di far ri-costruire, ri-esperire, ri-apprendere al malato afasico le tappe di sviluppo del gesto iconografico e verbale a partire dal livello compromesso.

L’afasia

afasiaAbbiamo negato alle persone afasiche il diritto naturale, in quanto esseri umani, di esprimersi perché non possono più usare il linguaggio “corretto” dei cosiddetti soggetti “normali”, totalmente immersi in una società tecnologicamente avanzata e dai ritmi impressionanti.

Tutti noi però abbiamo il bisogno di produrre un “segno” un’”impronta” per riaffermare il nostro Sé, l’impronta” permette all’uomo di dire” Io ci sono”, “Io ho qualcosa da esprimere”.

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Chi sono

Chi sonoDal 1975 lavora come logopedista presso l’Ospedale di Neuroriabilitazione San Giovanni Battista Acismom di Roma ed e’ coordinatrice dell’U.O di Neuropsicologia .

Dal 1980 al 1986 ha lavorato nell’equipe del neurofenomenologo Prof. Lamberto Longhi condividendo l’esperienza clinica e partecipando alle sue ricerche in ambito neuropsicologico di indirizzo antropo-fenomenologico.

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