L’approccio olistico antropo-fenomenologico alla riabilitazione delle persone afasiche apre le porte a una nuova psico-neurologia, che vede il linguaggio come gesto, come espressione.
Il neurofenomenologo Lamberto Longhi ha studiato a fondo l’esperienza afasica ed ha cercato di cogliere e classificare i segni qualitativi del disturbo afasico affinché il terapeuta possa facilmente orientarsi sulle possibilità di recupero del malato, sugli obiettivi e sulle strategie terapeutiche da usare. Su http://www.neroscienze.net (Speciale Afasia) si può scaricare on-line il mio articolo nel quale ho descritto tale approccio terapeutico.
L’antropo-fenomenologia ha un legame con la psicologia della Gestalt ed interessata a tutte le forme espressive-comunicative; il laboratorio per afasici, tramite varie tecniche espressive, ha come scopo di creare dei contesti sempre nuovi nei quali queste persone possano esprimersi in diversi modi.
Le iscrizioni al Corso , che si terrà a Roma in via Laurentina 554, American Palace, sono aperte presso Med-Learning:
posti disponibili 30
Crediti E.C.M 17,6 – N° riferimento 114659
Rivolto alle seguenti figure professionali: logopedista, psicologo, terapista della neuro-psicomotricità, medico chirurgo, educatore professionale, terapista occupazionale.
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La costruzione di un fotoromanzo: un’esperienza di laboratorio di terapia espressiva con persone afasiche
La tecnica del fotoromanzo, proposta nel laboratorio di terapia espressiva con persone afasiche che conduco dal 2011 presso l’Ospedale di Neuroriabilitazione San Giovanni Battista Acismom di Roma, ci ha permesso di costruire una storia di gruppo partendo da spunti narrativi dei singoli partecipanti, quattro in tutto. Abbiamo scelto questa tecnica in via sperimentale perché offriva ai pazienti la possibilità di usare ed integrare dinamicamente varie modalità espressive: le immagini per scegliere il luogo della propria storia, il corpo per mettere in scena il proprio personaggio, le parole per narrarsi ed infine mettere in relazione le singole storie in un racconto unico, fatto di foto e di dialoghi, riportati nelle didascalie e per concludere trovare un titolo da tutti condiviso “LUNA PARLA”.
Sono aperte le iscrizioni presso MEDLEARNING per partecipare al CORSO E.C.M : L’AFASIA COME ALTERAZIONE DEL GESTO VERBALE: VALUTAZIONE E RIABILITAZIONE. APPROCCIO ANTROPOLOGICO-FENOMENOLOGICO” che terrò il 20-21 MARZO A ROMA, VIA LAURENTINA 554, AMERICAN PALACE. Il corso teorico-pratico ha come scopo in prima giornata di far conoscere ai partecipanti i concetti fondamentali dell’ottica antropologica-fenomenologica allo studio del linguaggio, la semiologia dell’afasia, secondo l’ipotesi del Prof. Lamberto Longhi, il protocollo di valutazione qualitativa il “Profilo dell’afasico” e di fornire qualche esempio pratico dell’approccio logopedico. In seconda giornata, nel LABORATORIO PRATICO, di far esperire in prima persona il potenziale comunicativo-espressivo del corpo, dell’immagine e del linguaggio attraverso l’uso dei mediatori artistici, da sviluppare creativamente e riproporre nella terapia individuale e di gruppo delle persone afasiche. Crediti E.C.M 17,6 -Iscrizioni disponibili 30 – N° riferimento 114659 Rivolto alle seguenti figure professionali: logopedista, psicologo, terapista della neuro-psicomotricità, medico chirurgo, educatore professionale, terapista occupazionale.
Lamberto Longhi: l’afasia dal punto di vista fenomenologico
Tratto da L.Gomato da una lezione di L.Longhi del 9/12/1982
Nella nostra ipotesi mi sembrano abbastanza chiari questi tre momenti: del movimento, del gesto e della tematizzazione, ed io ho insistito abbastanza sul fatto che l’afasia è un nucleo e il disturbo afasico va considerato come un disturbo della comunicazione. Tutte quelle che sono state le teorie prettamente neurofisiologiche, anche al di là dei vecchi centri , le vie di associazione ecc., non potevano includere tutta la problematica dell’afasia in quanto comunicazione , tanto è vero che abbastanza recentemente hanno confluito nel discorso dell’afasia e del linguaggio anche altri atteggiamenti. Vediamo l’apporto della linguistica, della neurolinguistica, dell’informatica, della psicologia con i tests di neuropsicologia, e l’ultimo dovrebbe essere il nostro apporto, quello della fenomenologia, perché una cosa è parsa abbastanza ovvia, quando si son messi a fare della statistica sulle localizzazioni anatomiche dei disturbi afasici, in conclusione hanno visto che anche dividendo le funzioni del linguaggio in: ripetizione, comprensione, espressione ecc., ogni lesione coinvolgeva le varie funzioni, più o meno arbitrariamente distinte, cioè se si vuole smembrare l’atto del linguaggio come un fatto unico di significazione, in tanti aspetti come: comprensione, espressione, parola ripetuta, serie verbali ecc., quando si va ad analizzare appunto sul piano statistico, non con l’analisi di un singolo caso, si vede che un po’ tutte le lesioni classiche che danno l’afasia, coinvolgono tutte le funzioni. Nella parte posteriore saranno più o meno, prevalenti le funzioni di comprensione, nella parte anteriore quelle di espressione, nell’insieme però nessuna di queste funzioni, arbitrariamente divise, viene risparmiata qualunque sia la lesione; la lesione diventa un fatto unico.
Che cosa proviamo di fronte a un immagine o a un’ opera d’arte?
Arte, corpo e cervello: per un’estetica sperimentale
http://www.unipr.it/arpa/mirror/pubs/pdffiles/Gallese/2014/Gallese_Micromeg
Art. di Vittorio Gallese liberamente modif. da L. Gomato
In un importante studio di Freedberg e Gallese sui processi cognitivi sottostanti all’esperienza estetica, gli autori ci riportano le sensazioni riferite dagli spettatori alla vista di alcuni classici della storia dell’arte, come lo Schiavo detto Atlante di Michelangelo e il Concetto Spaziale “Attesa ”di Fontana. Gli spettatori affermavano di provare un coinvolgimento fisico suscitato dalla vista dei dipinti o delle sculture, un processo empatico di coinvolgimento corporeo, di simulazione dei gesti espressivi dell’artista , come le pennellate, i segni dell’incisione, e più in generale i segni dei movimenti della sua mano. Un effetto analogo si avrebbe anche per l’osservazione dei gesti grafici vergati a mano, come le lettere dell’alfabeto romano, ideogrammi cinesi e scarabocchi. I risultati empirici delle ricerche di Gallese e coll. suggeriscono che il processo di simbolizzazione caratteristico della nostra specie, pur articolandosi in un progressivo movimento di astrazione ed esternalizzazione dal corpo, mantiene intatti i suoi legami corporei , non solo perché il corpo è lo strumento per la produzione di simboli, ma anche perché ne è altresì lo strumento principale di ricezione.
L’afasia come un disturbo generale dell’attività simbolica
Se mette capo a una funzione simbolica, l’analisi del senso della malattia identifica tutte le malattie, riconduce all’unità le afasie, le a agnosie, le aprassie (Cassirer).
Alla base del linguaggio c’è una motivazione che ci spinge verso le cose, ci dirigiamo verso le cose che per noi hanno un senso. Questa motivazione, questa intenzione è “allentata” nella maggior parte delle afasie; ciò che l’afasico ha perduto e che il soggetto normale possiede, non è un patrimonio di parole, ma un certo modo di farne uso. La stessa parola che rimane a disposizione del malato sul piano del linguaggio automatico, diviene inaccessibile su quello del linguaggio creativo; egli riesce a pronunciare la parola quando c’è un interesse affettivo e vitale. ,Il disturbo afasico quindi, dal punto di vista fenomenologico, concerne il contesto dell’esperienza, il potere di configurare nel mondo una intenzione qualsiasi; il mondo non gli suggerisce più dei significati e reciprocamente i significati che egli si propone non si incarnano più nel mondo dato. Il gesto fonetico realizza, per il soggetto parlante e per coloro che l’ascoltano, una certa strutturazione dell’esperienza, una certa modulazione dell’esistenza, proprio come un comportamento del nostro corpo investe di un certo significato gli oggetti che lo circondano. In quest’ottica, ad esempio, il disturbo di denominazione dell’afasico assume un nuovo significato, non si tratterebbe di un disturbo semantico della parola ma, di una difficoltà più generale ad intenzionare, ad incarnare, a dare “forma”, a dare un senso visivo e verbale all’ immagine dell’oggetto.
Misurare la qualità dell’esperienza umana
Lo scopo della scienza è quello di “misurare il misurabile e rendere misurabile ciò che non lo è”, ma la misura ci porta sulla soglia di un’unità dove incomincia il “valore”, che delinea la differenza tra un approccio scientifico quantitativo e un’approccio qualitativo. Noi possiamo ad esempio, misurare il colore rosso con una data frequenza di onde elettromagnetiche ma non possiamo più farlo con il rosso del “fiore che ammiro” o che il pittore ha dipinto sulla tela, se non a patto di perdere l’esperienza del fiore, il valore del fiore. Allo stesso modo non possiamo stupirci se le analisi delle frequenze statistiche delle varie parti del discorso, contenute in un testo, ne annullano il contenuto, vale a dire la qualità che lo distingue da ogni altro testo. C’è questo momento, che il neurofenomenologo L. Longhi ha definito “cerniera”, in cui la quantità “ misurabile “ si fa qualità “comprensibile”, per cui l’energia misurabile dello stimolo si fa qualità percettiva, come in una specie di grande metabolismo attraverso il quale il mondo dell’energia si fa mondo umano dei valori, per cui la mano anatomo-fisiologica del pittore, definibile attraverso unità anatomiche-fisiologiche, diventa l’indefinibile mano dell’artista in un trascendersi dal corpo-oggetto in corpo-soggetto. Analogamente l’occhio-che-vede si trascende nell’occhio-che-guarda, l’orecchio-che-ode nell’orecchio-che-ascolta, la mano-che-tocca nella mano-che-palpa o tasta o manipola. In tal senso l’uomo non può essere la somma di cellule, tessuti, organi ed apparati e tanto meno la sua unità organismica può essere il tessuto, seppur mirabile e fittissimo, disegnato dagli infiniti impulsi nervosi che percorrono il nostro corpo; l’unità organismica dell’uomo è più della somma delle sue parti e non è ad esse riducibile (L.Longhi). Il rapporto terapeuta-malato comprende il mondo dei valori, è un rapporto di qualità e non di quantità e la sua quantificazione, in qualsiasi modo la si possa pensare, in un certo senso lo denatura. Nell’ambito psico-neurologico quindi, se si accetta una tale ottica, non possiamo comprendere e riabilitare la complessità del disturbo afasico, aprassico, agnosico, eminattento ecc. se non usciamo dalla visione oggettiva della “quantità” misurabile per entrare in relazione con i malati, affinare la nostra capacità di ascolto del loro “vissuto”, del loro “sentirsi corpo”.
Anche Lamberto Longhi un “Maestro senza cattedra”
l libro “Maestri senza cattedra” fa un’interessante ricostruzione, tramite testimonianze, della storia dei maestri fenomenologi italiani di prima generazione: D.Cargnello, A.Ballerini, E. Borgna, B. Callieri, L.Longhi, L.Calvi ed altri, formatisi alla scuola dei grandi psicopatologi e psiconeurologi tedeschi e francesi della prima metà del “900”, alla ricerca delle motivazioni della loro esclusione dal mondo accademico. L’ambiente accademico italiano non si è dimostrato permeabile all’atteggiamento “nuovo” che la fenomenologia voleva introdurre nel rapporto medico-malato in ambito psichiatrico e neurologico; nei confronti dei nostri grandi maestri fenomenologi, molto stimati all’estero, c’è stato un certo “atteggiamento contro” la loro libertà di pensiero, per questo sono rimasti fuori dai “recinti universitari” e dai “circoli di potere”. Essi hanno perseguito l’elaborazione scientifica ed hanno “fatto scuola” in solitudine o negli ospedali pubblici, nel migliore dei casi i loro più autorevoli esponenti hanno acquisito il titolo di “liberi docenti”, vale a dire qualificati all’insegnamento universitario, ma hanno atteso per una vita una cattedra che non è mai arrivata. Continua a leggere
Restituiamo un “corpo” alla parola degli “afasici”: dalla terapia dei “contenuti” verbali alla terapia del “gesto” che li crea
A differenza delle terapie tradizionali che si occupano di analizzare e rieducare i “contenuti” verbali della lingua convenzionale, l’ottica fenomenologica in linea con le più moderne teorie sul linguaggio, cerca di studiare e riabilitare il “gesto” che costruisce i “contenuti” verbali, il suo “farsi” struttura idonea ad ospitare i “significati”.
Su Neuroscienze.net il mio articolo sull’approccio antropologico-fenomenologico in afasia
E’ con grande gioia che vi annuncio che il mio articolo “L’afasia come alterazione del gesto verbale: valutazione e riabilitazione” è stato pubblicato sulla rivista di Neuroscienze.net. Vi invito a visionare l’articolo… Per poterlo scaricare cliccate qui.
Scarica in PDF L’articolo descrive un approccio antropo-fenomenologico alla valutazione e riabilitazione del disturbo afasico facendo riferimento alla semeiotica dell’afasia ipotizzata dal neurofenomenologo Lamberto Longhi.
Il linguaggio nell’ottica antropo-fenomenologica non è concepito come un’acquisizione definitiva dell’uomo, ma è un’esperienza del soggetto continuamente rinnovabile; è un comportamento comunicativo, uno dei gesti possibili del nostro corpo, anche se il più complesso. Il gesto verbale ha come “sfondo” un corpo che si muove intenzionalmente verso il Mondo, verso uno scopo, e nel movimento esperisce la sua qualità spaziale, spazialità di situazione.
L.Longhi ha cercato di studiare negli afasici i momenti di sviluppo di una struttura fondamentale spazio- temporale inerente all’orientamento corporeo e i momenti di sviluppo del gesto frasale ed ha ipotizzato tre livelli di strutturazione e simbolizzazione del gesto iconografico e del gesto frasale sui quali articola una nuova classificazione del disturbo afasico.
Compito della logopedia secondo l’approccio longhiano, sarebbe quello di far ri-costruire, ri-esperire, ri-apprendere al malato afasico le tappe di sviluppo del gesto iconografico e verbale a partire dal livello compromesso.
Corso E.C.M. del 25 e 26 ottobre 2013
Il 26 ottobre si è concluso il corso E.C.M “L’afasia come alterazione del gesto verbale: valutazione e riabilitazione. Aproccio antropo-fenomenologico”.
Sono state due bellissime giornate passate insieme nel fare esperienza del linguaggio e della logopedia come processo creativo; ho creduto molto nel laboratorio esperenziale di terapia espressiva a mediazione artistica e nella formazione a piccoli gruppi di logopedisti desiderosi di aprirsi al nuovo, alla comunicazione nel suo significato più ampio.
Ringrazio tutti i colleghi per l’ entusiasmo con il quale hanno partecipato e le persone che hanno creduto nel progetto e mi hanno aiutato a realizzarlo.
Lidia Gomato

L’afasia come alterazione del gesto verbale: valutazione e riabilitazione. Approccio antropo – fenomenologico”