
Noam Chomsky per primo , intorno agli anni 50’, ha avuto l’intuizione di una grammatica generativa, secondo cui le lingue umane possiedono tutte una base di caratteri comuni, poi si è visto che la facoltà di linguaggio non è completamente uniforme, ma presenta notevoli variazioni che la grammatica universale non è in grado di cogliere, che le variazioni nei processi di sviluppo appaiono legate alla forte interazione tra fattori genetici e fattori legati all’ambiente in cui l’organismo vive. Il campo di modificazione del linguaggio e dei fenomeni linguistici è molto ampio e i cambiamenti avvengono sulla base dell’esperienza linguistica (Berwick, Chomsky 2011).
Secondo Chomsky ed altri ricercatori, sia in biologia che in linguistica il problema è riconciliare l’unità nella diversità del linguaggio e una linguistica moderna dovrebbe essere pensata come una branca della biologia dello sviluppo, poiché uno degli obiettivi centrali della grammatica generativa è quello di spiegare lo sviluppo del linguaggio nell’individuo.
Nell’ambito degli studi sul linguaggio si è sviluppato recentemente un nuovo orientamento che tramite l’integrazione di diverse visioni provenienti da biologia evolutiva, genetica, paleoantropologia e linguistica clinica, si interroga su questioni che hanno l’obiettivo di scoprire le profonde variazioni della facoltà di linguaggio umano attraverso lo studio del rapporto tra genotipo e fenotipo e l’indagine di patologie linguistiche. Questo approccio è influenzato dall’idea chiave in biologia dello sviluppo, per cui impercettibili trasformazioni nei tempi e nelle gerarchie dei meccanismi regolatori possono generare grandi differenze superficiali. Lo sviluppo del linguaggio non sarebbe dovuto esclusivamente a fattori interni all’organismo (Bickerton 2014), ma alla complessa interazione tra l’organismo e il suo ambiente che forma l’architettura cognitiva finale (Benitez-Burraco, Boeckx 2014).
Per la comprensione dell’evoluzione del linguaggio sono stati condotti, ad esempio, degli studi sugli automatismi causati dall’afasia di Broca, che spesso si presentano come un primo stadio che progredisce poi nell’agrammatismo. Gli automatismi del parlato, ovvero la produzione di espressioni automatiche, involontarie, stereotipate e ripetitive che possono essere prodotte sia in forma non lessicale che in forma lessicale. Gli automatismi non lessicali, che non formano parole riconoscibili, sono formati da sillabe e rappresentano l’espressione fonetica evolutivamente più antica che un uomo adulto produce. Gli automatismi del parlato lessicali, invece, consistono in parole prodotte fluentemente e frequentemente, e includono espressioni emozionali, saluti, imprecazioni e parolacce, esclamazioni, e attività seriali automatiche come contare, pregare, recitare tavole aritmetiche. Essi hanno un range semantico abbastanza stretto: sono presenti nomi di persone (conosciute al parlante); sequenze di numeri; espressioni si/no; e il sottotipo più ampio, imprecazioni e frasi con strutture pronome + modale/ausiliare. Sono questi ultimi due sottotipi ciò che viene interpretato come indizio per comprendere le origini della comunicazione umana. La maggior parte di tali automatismi non ha alcuna connessione referenziale, contestuale o intenzionale con il mondo del parlante.
Gli automatismi del parlato sono innescati da uno stato interno, come risposta a stimoli esterni, ma la loro struttura di superficie non ha nessuna relazione semantica con l’intenzione dell’individuo. I parlanti che producono tali automatismi sono cioè inconsapevoli dell’inappropriatezza di queste espressioni.
Si è visto, inoltre, che il linguaggio stereotipato, emotivo e automatico così come gli idiomi, le metafore e altre figure complesse che non coinvolgono i processi combinatori linguistici, sono processati dall’emisfero destro e interessano gangli basali, talamo e sistema limbico. Le strutture basali-limbiche sono filogeneticamente antiche e pertanto sono coinvolte negli aspetti della comunicazione umana evolutivamente meno recenti (Pennisi 2006).
Anche la comunicazione emotivamente carica, come le urla o il pianto, la comunicazione tra amanti o quella tra madre e figlio, è mediata dal coinvolgimento del sistema limbico. Si è osservato che l’elevata frequenza di imprecazioni nel parlato automatico è sempre associata a danni neurali molto estesi. Ciò porta a dedurre che anche le imprecazioni hanno rappresentazioni profonde che vanno oltre l’area del linguaggio peri-silviana. Le imprecazioni e le parolacce emergono dunque da zone evolutivamente antiche del cervello e nelle patologie sono dovute alla disinibizione delle strutture basali-limbiche, normalmente sotto il controllo del network prefrontale.
Gli automatismi del parlato sembrano pertanto, rappresentare uno stadio evolutivo precedente alla comparsa dell’area di Broca (che comincia a svilupparsi soltanto nell’homo habilis), ed è per questo che sono intesi come indizi fossili del protolinguaggio.
Nel corso dell’evoluzione, queste espressioni comunicano invece stati interni e atti linguistici, espressioni cioè che possiedono una funzione performativa, che hanno lo scopo di manipolare gli altri e di costruire o mantenere le relazioni sociali.
Conclusioni
La facoltà di linguaggio sembra facile da danneggiare poiché è una novità evolutiva. Allo stesso tempo però si basa su forti meccanismi biologici difficili da disturbare perchè capaci di compensare in molti modi ai danneggiamenti. Questo spiega perché alcune componenti linguistiche risultano danneggiate in molti disordini del linguaggio e perché altri aspetti del fenotipo linguistico sono sostanzialmente preservati. L’evoluzione deve essere intesa come un processo riorganizzativo piuttosto che come un prodotto di geni nuovi; il linguaggio a sua volta risulta dall’interfaccia di differenti componenti cognitive neurali e genetiche (Fitch 2011).
Riferimenti bibliografici:
Scianna C., Biolinguistica ed evo-devo: come le patologie linguistiche spiegano l’evoluzione funzionale del linguaggio https://www.academia.edu/10267123/Biolinguistica_ed_evo-devo_come_le_patologie_linguistiche_spiegano_levoluzione_funzionale_del_linguaggio
Pennisi A., (2006), Patologie e psicopatologie del linguaggio. In A. Pennisi, P. Perconti (a cura di) Le scienze cognitive del linguaggio, Il Mulino, Bologna 2006