Perché un Labororatorio di Comunicazione Espressiva, a mediazione artistica, per persone con disturbo afasico?

Qualunque paziente, per quanto intrattabile possa apparire la sua condizione, mantiene la capacità di sorprendere un terapeuta che non si perda d’animo.    Wing Brown, 1971

Con l’affermarsi dell’impianto teorico della  teoria dei sistemi, si è visto che nella cura non è più possibile scindere l’osservatore e l’osservato, per cui anche il setting logopedico viene considerato come un sistema di cui il terapista stesso è parte attiva fondamentale. Egli assume il ruolo di vero interlocutore, non può più limitarsi a svolgere il suo lavoro da osservatore esterno e ridurre il suo intervento all’interpretazione e trattamento dei disturbi della comunicazione da un punto di vista oggettivo, che esclude la corporeità. Il cambiamento in atto investe il logopedista di una responsabilità personale nella cura dei pazienti, oltre ad essere un reale interlocutore nella comunicazione egli diventa anche guida e sostegno.  L’azione terapeutica si svolge all’interno di una relazione con l’altro e tiene conto  del  vissuto del paziente, di ciò che egli sente.

Un tale contesto culturale e scientifico offre nuove formule di spazio, tempo e regole nella riabilitazione logopedica dell’afasia, e consente  di pensare ad un Laboratorio di Comunicazione Espressiva come un luogo in cui è possibile portare avanti un intervento riabilitativo attivo dei disturbi della comunicazione da lesione cerebrale acquisita, inquadrabile nell’area umanistica, dove prevale l’impronta dialogica, la rinuncia all’interpretazione a favore dell’osservazione fenomenologica e della comunicazione empatica. Un laboratorio come spazio potenziale dove è possibile la narrazione e la costruzione di senso, il confronto e la ristrutturazione degli schemi percettivi e dell’immagine di sé, come un’occasione protetta di esplorazione attiva del potersi e volersi esprimere nel gruppo con l’aiuto dei mediatori artistici. La pantomima, il teatro, il disegno, la pittura, le foto, gli audiovisivi ecc., sono tutti strumenti che consentono di lavorare su uno spazio di comunicazione intermedio, esperienziale, di mettere in contatto il linguaggio interno con il linguaggio esterno, di stabilire una connessione tra la persona afasica e l’ambiente.

Lidia Gomato

Riferimenti bibliografici:

De Leonibus R. “ Le dimensioni della cura. Viaggi intorno al setting ” in Cos’è che cura? La cura in ambito medico, psicologico, psicoterapeutico e psichiatrico. A cura di Acocella M. e Rossi O., 

                       

                                                          

                                    

Editore Nuova Associazione Europea per le Arti Terapie, anno 2014

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