“Per l’uomo rispecchiarsi negli occhi di un orango equivale ad un viaggio nel tempo lungo millenni” (John Berger)
Se da sempre continuiamo a guardare gli animali è perché sono esseri senzienti e mortali come noi. Se attraverso pitture, racconti, imitazioni, l’uomo sin dalle origini li ha messi in scena, è perché ha percepito che nella vita animale c’è una sfida muta alla capacità di comprensione delle cose, ad esempio, lo sguardo di un cane può interrogare in modo profondo, indicando realtà che sfuggono alla nostra attenzione. Certamente il rapporto che l’umanità ha stabilito con gli animali fa parte della sua stessa identità; oggi essi sono dappertutto: abitano nelle nostre case, riempiamo il web con le loro fotografie, i giornali, i libri, eppure addomesticandoli li abbiamo fisicamente, culturalmente marginalizzati, denaturalizzati. L’uomo è sempre tentato di definire il mondo in rapporto a sé stesso, ma la grande sfida dell’”animalità” è tenerli in considerazione perché sono diversi.